
Ci sono mostre che parlano, altre che rivelano. Sine Velum fa entrambe le cose, ma in silenzio. Con la forza visiva di opere che non si limitano a essere osservate, ma attraversate. Presentata all'interno di Universo Factory, spazio indipendente e vibrante nel cuore di Vittorio Veneto, la mostra nasce da una riflessione profonda, radicata nella filosofia di Schopenhauer, sul concetto del Velo di Maya — quella cortina di illusioni che filtra, deforma, a volte protegge, ma spesso cela.
Curata da Simone Ceschin, storico e critico d'arte, fondatore e direttore dello spazio espositivo, la mostra si sviluppa come un percorso, un invito a togliere lo sguardo dalle superfici e immergersi nella percezione più autentica delle cose. Universo Factory, ospitato in un ex setificio ottocentesco, diventa così il contenitore ideale per accogliere un allestimento site-specific dove arte, pensiero e spazio si intrecciano.
Sarah Cappadona propone un ciclo di opere che indaga l'ambiguità dell'identità, l'uso delle maschere e la tensione tra ciò che si mostra e ciò che si nasconde. I suoi soggetti, distorti, frammentati e ricomposti, evocano un'umanità in cerca di verità nel labirinto delle illusioni quotidiane. Tele che non illustrano, ma mettono in discussione, che non si offrono come risposte ma come stimoli alla riflessione. Accanto a lei, Luca Tadiotto espone tre sculture in rame ossidato che amplificano il tema della soglia: tra attrazione e disorientamento, tra visibile e invisibile. Le sue opere diventano materia pensante, tensione plastica verso un altrove dove lo sguardo può finalmente liberarsi dal velo.
La Mostra d'arte Sine Velum rappresenta un'affascinante convergenza tra le opere di Sarah Cappadona e Luca Tadiotto. Al centro di questo dialogo artistico erge il concetto filosofico cardine di Schopenhauer: Il velo di Maya.
Per Schopenhauer spazio, tempo e cause sono come un velo posto davanti gli occhi del soggetto che non riesce a percepire le cose direttamente, ma indirettamente. Attraverso questo velo lo spettatore non vede il mondo in sé, ma un mondo frutto della propria rappresentazione.
L’intera esperienza dipende dalle forme innate dello spettatore, ossia lo spazio e il tempo, che permettono la conoscenza dell’oggetto, e la causalità, che permette di poter mettere in relazione tra loro i vari oggetti.
Tuttavia, secondo Schopenhauer esiste un modo per accedere alla realtà sollevando il Velo di Maya, un modo, in questo caso, offerto allo spettatore grazie al percorso accuratamente progettato dal curatore della mostra e dagli artisti.
Attraverso le opere esposte, gli artisti offrono al pubblico un'opportunità metaforica per sollevare il Velo di Maya e contemplare la realtà in modo più profondo. L'intero allestimento è studiato per stimolare una ricezione diversificata delle opere di Sarah Cappadona, il cui lavoro si presta particolarmente alla riflessione sulla filosofia schopenhaueriana dell'arte.
L'artista, attraverso una serie di tele focalizzate sul tema delle maschere, esplora la metafora dell'umanità che si smarrisce nel labirinto della confusione, spesso a causa delle illusioni che indossa.
In questa riflessione, Sarah Cappadona si pone interrogativi profondi sul significato e sull'utilità del velo: cosa cela e quale impatto ha sulla nostra percezione della realtà? Nei dipinti, i soggetti emergono smarriti e confusi mentre manipolano le maschere che coprivano i loro volti, gesti che simboleggiano il tentativo di trovare sé stessi in momenti di incertezza.
I lavori in mostra sfidano le convenzioni artistiche tradizionali con le loro forme geometriche e le prospettive multiple. L’artista destruttura e ricombina le forme per creare una rappresentazione non convenzionale della realtà. I soggetti distorti evocano una profonda emotività e sono spesso caratterizzati da una fervida esplorazione della psiche umana. Le opere di Luca Tadiotto, tre sculture in rame fuso ossidato, aggiungono un ulteriore strato di significato. Esse offrono una prospettiva alternativa, una nuova dimensione di interpretazione.
In “Estasi nella Pioggia” l’artista cattura il momento di fusione con la natura, come se il poeta e la sua amata si dissolvessero nel tessuto del tempo e dello spazio, oltre il velo dell’illusione. “Stregatto”indaga il tema dell’incertezza e delle scelte, la scultura si presenta come un enigma e una riflessione sulle molteplici direzioni che la realtà può assumere, tutte celate dietro al velo delle apparenze.
Infine, “Ti Guardo”, rappresenta un momento di intensa connessione visiva, ma anche una connessione più profonda sul concetto del Velo di Maya. L’opera cattura non solo la superficiale attrazione visiva, ma invita lo spettatore a considerare quanto il nostro sguardo possa essere distorto dal velo delle illusioni, influenzando la nostra percezione delle connessioni umane.
La mostra offre uno sguardo penetrante sulla complessità dell'esistenza umana attraverso le lenti della filosofia schopenhaueriana e le opere degli artisti esposti. Le tele di Sarah Cappadona, immerse nell'indagine delle maschere e delle illusioni, pongono domande cruciali sulla percezione e la conoscenza della realtà, mentre le sculture di Luca Tadiotto amplificano questo dialogo attraverso l'esplorazione di momenti di fusione e incertezza, al di là delle apparenze.
Sine Velum non è solo un'occasione per contemplare l'arte, ma anche per contemplare la nostra stessa percezione e comprensione del mondo.
Simone Ceschin